Useremo il nostro ventre per attingere alle nostre energie più profonde e alle nostre risorse creative, alla Dea che dimora in noi. Il ventre per danzare, per amare, per pregare, per accogliere la vita.
Il luogo del nostro corpo, e della nostra psiche, maggiormente carico di profonde e ancestrali valenze simboliche, religiose, magiche. Il più misterioso, adorato e bistrattato. Il ventre divino che partorisce l’universo, ma anche le viscere della terra che celano l’inferno, il luogo della vergogna e dell’ignominia, specie nel retaggio occidentale contemporaneo, che tende a condannare le pulsioni viscerali come “socialmente inappropriate” e vede nella donna non il suo potere divino, ma quello destabilizzante e potenzialmente distruttivo.
Chi ci schernisce affermando che la donna “ragiona con l’utero” celebra senza saperlo la nostra gloria più grande! Sarebbe davvero un problema se la donna non lo facesse… Ma già il fatto stesso che tale espressione venga usata oggi come ingiuria, la dice lunga su come due millenni di monoteismo patriarcale abbia degradato, svilito e depredato nella nostra coscienza tutti i simboli della divinità femminile.
Anche il fatto che l’ideale estetico contemporaneo elogi il ventre piatto, mascolino, “azzerato” e’ un chiaro tentativo di negazione e annichilamento dell’identità femminile più profonda. E il fatto stesso che noi tutte, chi più chi meno, inconsapevolmente “ci caschiamo” (chi di noi non sogna una pancia piatta come quella delle modelle che vediamo in televisione?) ci mostra come tale condizionamento culturale ci abbia totalmente sconnesso da noi stesse.
Ebbene, e’ il caso di tornare alle origini, e riappropriarci delle antiche chiavi e dei simboli il cui significato e’ stato travisato, manipolato, obliato.
Ci tengo subito a precisare, con la massima fermezza: NON si tratta di una forma malcelata di femminismo. Niente di più lontano dal femminismo storico, che dai suoi assunti iniziali (la sacrosanta rivendicazione di estendere quegli insindacabili diritti civili che erano stati – e sono, purtroppo, ancora in molti casi – negati alle donne) si e’ trasformato oggi in una triste parodia che ne ha decretato la negazione e il fallimento, finendo per riaffermare quello stesso primato maschile che aveva giurato di abbattere. Obbligandoci tutte, più o meno consapevolmente, ad adottare parametri, valori e riferimenti maschili per “primeggiare” in un società ancora fortemente competitiva, aggressiva, predatoria.
La cultura della Femminilità, invece, e’ tutt’altra cosa da tale femminismo travisato e snaturato; tende piuttosto a rifondare la visione della nostra realtà su parametri del tutto differenti: condivisione al posto di competizione, comprensione ed empatia in luogo di intolleranza e prepotenza.
Biologicamente, il ruolo femminile e’ quello di “accogliere”, in tutte le declinazioni simboliche e psicologiche correlate al concetto di accoglienza: comprendere, accettare, custodire, nutrire, generare. Provate a immaginare una società basata su questi valori: in cui il profitto non sia piu un obiettivo, e primeggiare non abbia alcun significato. In cui ognuno possa sentirsi “accolto”, e “nutrire” liberamente i propri talenti e le proprie aspirazioni. In cui le nostre emozioni viscerali siano non più oggetto di censura, ma la voce stessa della Dea in noi.
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