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Bioenergetica /2: dall’orgone allo zen

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“La bioenergetica si propone di aiutare l’individuo a tornare ad essere con il proprio corpo e a goderne la gita con quanta pienezza possibile […] in una cultura che nega i valori del corpo a favore del potere, del prestigio e del possesso.” (Alexander Lowen)

[continua da: Bioenergetica/1]

Questo post mi sta particolarmente a cuore, perché tenta di spiegare come mai, nel mio percorso di danzatrice, cercando un’espressione corporea il più possibile fluida e libera, ho abbracciato due sentieri che sembrano non avere molto a che fare l’uno con l’altro, ne’ con la danza in genere: la bioenergetica e lo zen.
Nella mia esperienza le tre cose sono intimamente connesse. Il corpo esprime chi siamo, e’ il nostro modo di essere nel mondo. Più il nostro corpo e’ vivo e vitale, libero, spontaneo, più siamo nel mondo. Purtroppo la gente e’ per la maggior parte dei casi inconsapevoli degli handicap corporei che la tormentano, al punto che essi sono divenuti una seconda natura:  la cosiddetta “corazza”, ovvero l’atteggiamento difensivo e diffidente che ci e’ purtroppo abituale, nonostante che la natura primaria di tutti gli esseri umani sia di essere aperti alla vita e all’amore.  “In realtà”, scrive Lowen, “molta gente attraversa la vita con un budget di energie e di sensazioni limitato”, chiusa alle emozioni e alla vita.

Ecco quindi che la bioenergetica si ripropone di aiutare le persone a “riaprire il cuore alla vita e all’amore”, a riconquistare la condizione di libertà, grazia bellezza: gli attributi naturali di ogni organismo animale.
La libertà e’ l’assenza di repressione interiore, il “lasciarsi andare” al flusso delle sensazioni; la grazia l’ESPRESSIONE DI QUESTO FLUSSO NEL MOVIMENTO (lo scrivo in lettere maiuscole, per evidenziare l’intima connessione tra bioenergetica e danza spontanea, non coreografata, che e’ alla base della mia personale ricerca),  infine la bellezza e’ la manifestazione dell’armonia interiore generata da questo flusso.

Il flusso genere la coscienza di se’. Coscienza ed esperienza sono fenomeni corporei. Il corpo vivente non e’ solo una meccanica somma di funzioni biologiche, ma ha una mente, possiede uno spirito e contiene un’anima. Non e’ un sistema chiuso, ma un eco-sistema energetico in costante interazione con l’ambiente. Siamo tutti sensibili alle forze e alle energie che ci circondano, in connessione con l’universo. Accettando le restrizioni che la società ci impone, tagliamo questa connessione, tradiamo il nostro corpo e “sovvertiamo anche l’ambiente naturale da cui il benessere del nostro corpo dipende”.

In genere la nostra mente e’ tutta presa dal bisogno di controllarsi, a scapito dell’esigenza di essere e sentirsi più viva. 
Porre mente al corpo e’ il cardine della bioenergetica: solo così possiamo sapere chi siamo, cioè conoscere la nostra stessa mente. Conoscere davvero la nostra mente significa sapere ciò che si vuole e ciò che si sente, non lasciarsi influenzare dagli altri, non reprimere le proprie emozioni, non tradire il proprio corpo.
Tutto ciò veniva scritto da Alexander Lowen negli anni ’40 del secolo scorso. L’ambito e’, come sappiamo, quello del fervore di studi di matrice psicoanalitica freudiana, rivista e corretta attraverso la “vegetoterapia” reichiana prima, e poi la terapia orgonica. Niente di più lontano dal pensiero orientale. Eppure, quasi con le stesse parole con cui il maestro zen Takuan descrive nell’antico Giappone lo stato di mente libera che pervade il corpo:
“Se non ponete la vostra mente in alcun luogo, essa vi pervaderà il corpo diffondendosi in tutto il vostro essere, cosicché quando avrete bisogno delle mani essa farà lavorare le vostre mani, quando avrà bisogno dei piedi essa farà lavorare i piedi, quando avrà bisogno degli occhi farà lavorare gli occhi.”
La mente deve essere libera di espandersi in tutte le direzioni, fluida come l’acqua che non si fissa in alcun luogo, senza che la sua energia venga trattenuta: “se fissate la mente su qualcosa, siete deformati….[invece] se non vi preoccupate di fissarla, la mente pervade l’intero essere.
Ciò mi ricorda un celebre proverbio zen, che dice: “Questo e’ così. Ma se vi fissate, non e’ più così”. L’importante e’ per l’appunto,non fissarsi, non indugiare, non lasciarsi ossessionare dalle cose, mantenere un’attitudine aperta e lasciarsi fluire, letteralmente, come acqua.
Lowen avrebbe senz’altro concordato con Takuan, quando sosteneva che bisognasse “lasciar andare la mente attraverso tutto il corpo”.
Non e’ affascinante constatare come due uomini così diversi per educazione e ambiente, geograficamente e culturalmente agli antipodi, abbiano concepito lo stesso concetto quasi con le stesse parole?…..

Zen, Flusso, Timeline

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Entrare nel flusso, per me rappresenta uno stato di coscienza diverso da quello di ogni giorno, qualcosa di simile a una esperienza mistica. Vuol dire raggiungere improvvisamente, spesso con una folgorazione improvvisa, quel miracoloso “istante di tutti gli istanti” in cui la mente cede le armi, la ragione si arrende e il tuo io cosciente smette di lottare. In modo del tutto spontaneo, il conflitto che ti agitava fino a un istante prima si dissolve. Diventi uno con il nodo stesso, finche questo si scioglie. Tutti i tasselli del mosaico tornano al loro posto, lasciandoti “fluttuante” in una straordinaria sensazione di pace.

In stato di flusso, mi e’ possibile “comprendere” ciò che la mente razionale si sforza tuttalpiù di “capire”. Un esempio tipico e’ la percezione del tempo, che e’ fluida e non segue una logica lineare, come ho potuto sperimentare.

La nostra timeline, o percezione della linea temporale, e’ davvero soggettiva. Null’altro che una rappresentazione della nostra mente. Io questo, a livello razionale, lo sostenevo già da tempo, come assunto filosofico. E tuttavia, e’ stato sorprendente vivere questo paradosso nella mia esperienza. Un conto e’ capire con la mente qualcosa, un altro conto comprenderla con il proprio corpo, nella propria carne.

Non e’ vero che non hai mai tempo. Più tempo ti prendi, più ne hai. E’ la percezione di esso a fare la differenza. E’ che ci comportiamo in modo da corrispondere alla nostra immagine mentale, al modello rappresentazionale che, senza rendercene conto, abbiamo scelto e sul quale strutturiamo tutte le nostre esperienze. Riconoscere e scardinare la matrice di tali modelli rappresentazionali significa sbloccare un enorme capitale di risorse ed energie impiegate al solo scopo di tenere in vita la matrice stessa.

Quando balli, balla: l’essenza dello zen

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Dietro i tuoi pensieri e sentimenti c’è un potente sovrano, un saggio sconosciuto: te stesso.

Abita nel tuo corpo, e’ il tuo corpo.
Chiede di essere ascoltato, con rispetto, con amore, con silenzio.
Taci. Ascolta. Non sforzarti di capire, di interpretare. Solo ascolta.
C’è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza.

Semplicemente non sforzarti: sii soltanto normale.

Qual’e l’essenza dell’arte zen? Niente di straordinario.
Lo zen non e’ nulla che si possa organizzare, insegnare, trasmettere, certificare o confezionare in un sistema. Non lo si può nemmeno seguire, perché ognuno deve trovarlo da solo.

Dove? Comincia dal tuo corpo, il Saggio Sconosciuto. Fidati del tuo corpo, più che della tua mente. La mente sempre ondeggia tra passato e futuro, ma il tuo corpo e’ radicato nel  presente. Il tuo corpo conosce solo il “qui” e l’ “adesso”.

 


 

Cosa e’ zen? Niente in particolare, e tutto.
Quando mangi, mangia. Quando balli, balla. Non fare nient’altro che quello che stai facendo.

Questo – per me, per la mia personale esperienza – e’ zen.
Questo, da solo, ha trasformato radicalmente la mia vita.

Una necessaria precisazione.

In molti articoli di questo blog farò riferimento ad elementi appartenenti a tradizioni filosofiche, religiose e culturali molto diverse, rielaborati in chiave del tutto personale. I concetti che prenderò a prestito dal buddismo zen e dall’aikido (“KI”, “KIAI”, “KOAN”) così come quelli mutuati dall’induismo (“Kundalini”, “Chakras”, “Mantra”) sono adattati alle mie esigenze di danzatrice, frutto di anni di sperimentazione da cui e’ scaturito il metodo che desidero condividere, in una chiave personalissima e con tecniche “spurie”. 

Non me ne vogliano i puristi. Ho preso da ogni cosa ciò che può essere utile al mio scopo e che (soprattutto) può essere condiviso, con la speranza che altri dopo di me facciano altrettanto, contribuendo alla crescita di un metodo che alla fine non sarà più “mio”.

Tutti i raggi della ruota convergono allo stesso centro. Buona danza, e buona vita.